Recita l’art. 2051 c.c. che “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito“.
L’art. 2051 c.c. individua una ipotesi di responsabilità extracontrattuale che pone in capo al danneggiato l’onere di dimostrare l’esistenza di un rapporto di custodia tra la res e il custode (identificandosi la custodia in un potere di effettiva disponibilità e controllo della cosa), il danno e il nesso eziologico intercorrente tra la cosa e il danno.
In altre parole, il danneggiato non è tenuto a provare la colpa del custode in quanto è sufficiente la dimostrazione che il danno discenda causalmente dal bene oggetto di custodia.
Quanto alla posizione del custode, quest’ultimo può andare esente da responsabilità solo tramite la prova “diabolica” del caso fortuito, ovvero del verificarsi di un evento imprevedibile ed eccezionale interruttivo del nesso di causalità e quindi idoneo a determinare autonomamente l’evento lesivo.
Proprio in riferimento alla dimostrazione di ciò che il custode è tenuto a provare per andare esente da responsabilità, la giurisprudenza della Terza Sezione della Cassazione ha assunto negli anni due contrapposti orientamenti.
Un primo indirizzo (in particolare, Cass. civ. n. 2308/2007 ed in precedenza Cass. civ. 3651/2006) colloca la responsabilità ex art. 2051 c.c. nell’ambito della colpa presunta con conseguente inversione dell’onere della prova, ovvero richiede che, ai fini dell’esenzione da responsabilità, il custode dimostri che l’evento fortuito si è verificato nonostante il rispetto degli obblighi di vigilanza e diligenza derivanti del rapporto di custodia.
La prova del caso fortuito consisterebbe, quindi, nel dimostrare che l’evento esterno non è ascrivibile alla colpa del custode e pertanto è idoneo da solo, quale evento eccezionale ed imprevedibile, ad interrompere il nesso di causalità tra cosa e danno.
In sintesi, solo la prova dell’assolvimento degli obblighi di custodia rispetto al verificarsi di un evento esterno integra il caso fortuito idoneo ad interrompere il nesso causale.
Di conseguenza, il custode, in ragione del principio di vicinanza alla prova, sarebbe tenuto a dimostrare di aver espletato tutte le attività di controllo, vigilanza e manutenzione derivanti dal rapporto di custodia e dal principio generale del neminem laedere.
Volendo fare un esempio: in caso di alluvione, preceduta dall’emissione di bollettini meteo diramanti il sopraggiungere di condizioni metereologiche avverse, gli enti custodi della pulizia e gestione del territorio potrebbero liberarsi dalla responsabilità ex art. 2051 c.c. per i danni cagionati dall’alluvione solo provando di aver osservato, con la dovuta diligenza, le misure cautelari idonee a prevenire l’evento (non bastando la mera prova del verificarsi di un evento esterno ed eccezionale).
In definitiva, aderendo a questo indirizzo giurisprudenziale, il profilo del comportamento del custode sarebbe rilevante ai fini della prova del caso fortuito.
Secondo un diverso orientamento (ex multis, Cass.civ. 20359/05 e Cass. civ. 15383/2006 e, più di recente Cass.civ. 2480 e 2481/2018), prevalente in giurisprudenza, la responsabilità ex art. 2051 c.c. non ha carattere presunto, ma oggettivo in quanto richiede al danneggiato la prova del danno e dell’esistenza del nesso causale tra il bene in custodia e la conseguenza dannosa, non assumendo alcuna rilevanza la condotta del custode e l’osservanza o meno di uno specifico obbligo di vigilanza a suo carico.
La responsabilità del custode, infatti, può essere elisa solo dalla prova del caso fortuito, che consiste nel verificarsi di un evento contraddistinto dall’oggettiva imprevedibilità ed evitabilità idoneo autonomamente ad interrompere il nesso causale.
Il caso fortuito non attiene, quindi, al comportamento del responsabile e alla sua diligenza o meno, ma ai modi con i quali si è verificato il danno: lo stesso, inoltre, può essere integrato non solo da un evento naturalistico, ma anche dal fatto di un terzo o del danneggiato che presenti i medesimi caratteri del fortuito, ovvero imprevedibilità ed eccezionalità.
Ebbene, rilevato il contrasto, le Sezioni Unite hanno ritenuto dirimente confermare l’indirizzo espresso dalla giurisprudenza maggioritaria aderendo alla tesi della natura oggettiva della responsabilità ex art. 2051 c.c..
La verifica circa la sussistenza del caso fortuito deve essere compiuta su un piano puramente oggettivo e quindi deve accertarsi che il nesso causale si è interrotto per il sopraggiungere di fattori esterni imprevedibili e/o inevitabili senza rilevare la diligenza o meno del custode, la cui condotta è estranea alla prova del caso fortuito.
Di seguito, si riporta la massima estrapolata dalla sentenza delle Sezioni Unite.
“La responsabilità di cui all’art. 2051 c.c.ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode“.
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