L’invito alla ripresa in servizio alla luce dell’ordinanza della Cassazione civile, sez. lavoro, 5/02/2024 n. 3264
- Il regime sanzionatorio ai sensi dell’art. 18 L. n. 300/1970
- La reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro
- L’invito datoriale alla ripresa in servizio
- Il termine per la ripresa in servizio alla luce dell’ordinanza della Cassazione n. 3264/2024
- Il principio di diritto enunciato dalla Cassazione
Il regime sanzionatorio ai sensi dell’art. 18 L. n. 300/1970
L’art. 18, 1° comma, L. n. 300/1970 dispone, sia in caso di licenziamento inefficace (ad esempio poiché intimato in forma orale) sia in caso di licenziamento nullo (ad esempio poiché discriminatorio ovvero in violazione di divieti legali), che il lavoratore abbia diritto alla reintegrazione nel posto di lavoro (cd. tutela reale piena), oltre che al risarcimento del danno subito per effetto del licenziamento, nonché al versamento dei contributi previdenziali e assistenziali da parte del datore di lavoro.
La reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro
L’ordine di reintegrazione nel posto di lavoro impartito ai sensi dell’art. 18, 1° comma, l.n. 300/1970 nella sentenza di accertamento dell’illegittimità del licenziamento comporta l’effettiva riammissione in azienda del lavoratore illegittimamente estromesso.
Fermo l’obbligo del datore di lavoro di reintegrare il lavoratore, l’art. 18, 1° comma, dello Statuto dei Lavoratori precisa che “a seguito dell’ordine di reintegrazione, il rapporto di lavoro si intende risolto quando il lavoratore non abbia ripreso servizio entro trenta giorni dall’invito del datore di lavoro, salvo il caso in cui abbia richiesto l’indennità di cui al terzo comma del presente articolo”.
L’indennità cui fa riferimento l’ultimo periodo del primo comma dell’art. 18 L. n. 300/1970 è quella che può essere richiesta dal lavoratore – entro trenta giorni dalla comunicazione del deposito della sentenza, o dall’invito del datore di lavoro a riprendere servizio, se anteriore alla predetta comunicazione – in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro e consiste nel pagamento di un’indennità pari a quindici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, la cui richiesta determina la risoluzione del rapporto di lavoro, e che non è assoggettata a contribuzione previdenziale.
L’invito datoriale alla ripresa in servizio
Come si diceva nel precedente paragrafo, la sentenza di condanna alla reintegrazione nel posto di lavoro ordina al datore di lavoro di tenere un comportamento attivo poiché quest’ultimo deve invitare formalmente il lavoratore a riprendere servizio: ma come dev’essere formulato tale invito?
La giurisprudenza ha in plurime occasioni, ex multis Cass. civ. n. 17298/2016, chiarito che l’invito deve essere specifico in quanto deve contenere la ripresa in servizio nelle mansioni originarie (ovvero quelle precedentemente svolte dal lavoratore o comunque equivalenti) e nel medesimo luogo di lavoro ove il lavoratore era impiegato.
Il termine per la ripresa in servizio alla luce dell’ordinanza della Cassazione n. 3264/2024
Quanto al termine per la ripresa in servizio, l’art. 18, 2° comma, St. lav. assegna al lavoratore un termine di 30 giorni dall’invito per riprendere servizio, decorso il quale il rapporto di lavoro si risolve di diritto automaticamente.
Proprio con riferimento al termine per la reintegrazione, ci si è interrogati sugli effetti dell’indicazione da parte del datore di lavoro di una data anteriore allo scadere dei 30 giorni come giorno di ripresa del servizio.
A tal riguardo, la giurisprudenza di legittimità ha da ultimo precisato, con l’ordinanza n. 3264/2024, che il datore di lavoro può indicare nell’invito anche un termine inferiore a 30 giorni per la ripresa effettiva in servizio, poiché l’art. 18, 1° comma, st. lav. non vieta tale facoltà.
Tuttavia, sempre la Cassazione, ha chiarito che il rapporto di lavoro si intende risolto di diritto solo allo scadere del trentesimo giorno dall’invito alla reintegrazione, rimanendo sino a tale termine dovuta la retribuzione.
Il principio di diritto enunciato dalla Cassazione
Di seguito, il principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte nella citata ordinanza 3264/2024:
“In tema di licenziamento illegittimo, il datore di lavoro, nell’ottemperare all’ordine di reintegrazione, non ha l’obbligo di fissare al lavoratore il termine di 30 giorni dal ricevimento dell’invito per la ripresa del servizio e può viceversa indicare anche una data anteriore, in quanto l’art. 18, comma 5, st.lav, nella versione ratione temporis applicabile, antecedente alle modifiche apportate dalla l. n. 92 del 2012, si limita a stabilire che il rapporto di lavoro si intende risolto di diritto allo scadere del trentesimo giorno dal ricevimento di detto invito, ove il lavoratore non abbia esercitato il diritto di opzione per l’indennità sostitutiva, rimanendo la retribuzione dovuta sino a tale termine”.