Sono state emanate dalla Suprema Corte di Cassazione in tempi recentissimi sentenze che hanno reso del tutto evidente il contrasto tra due principi in tema di regolamento condominiale contrattuale.
La questione è la seguente: il regolamento contrattuale di condominio, cioè il regolamento predisposto dallo stesso costruttore dell’immobile, per essere ritenuto conosciuto dai vari acquirenti deve essere trascritto o materialmente allegato all’atto notarile di compravendita oppure è sufficiente il mero richiamo della sua esistenza in sede di rogito con la espressa dichiarazione della parti di averlo conosciuto ed accettato anche nel caso in cui imponga una servitù, un onere o una obbligazione sulla cosa?

La giurisprudenza, largamente maggioritaria, che si era formata negli anni aveva ritenuto valido ai fini della opponibilità  del regolamento alla parte acquirente anche il mero richiamo; tra le  tante Cass. n. 17886/2009 fino alla recente sentenza n. 19212 del 28.9.2016. Improvvisamente con la sentenza n. 20124 del 18.10.2016 avveniva un revirement in quanto la Corte affermava il principio che, allorquando il regolamento contrattuale impone una servitù, un onere o una obbligazione sulla cosa, ad esempio il divieto di destinare l’appartamento a particolari attività, lo stesso debba essere riportato nell’atto non come mero richiamo ma allegato ad esso. Non è neppure trascorsa una settimana che la stessa Corte con la sentenza n. 22310 del 3.11.2016 ritornava sui suoi passi ritenendo valido il mero richiamo nel rogito.

A questo punto è del tutto evidente che essendovi un contrasto su una questione così delicata come la opponibilità del regolamento contrattuale condominiale sia necessario l’intervento delle Sezioni Unite per dirimere una volta per tutte la questione con la definizione di un chiaro principio di diritto.