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 A fine marzo di quest’anno le S.U. della Corte di Cassazione sono intervenute per dirimere una questione interpretativa che aveva dato luogo ad un contrasto giurisprudenziale anche all’interno delle stesse Sezioni della Cassazione.

La questione – in termini processuali piuttosto pratici era se – a fronte di un’occupazione senza titolo di un bene – l’azione proposta dal proprietario che ne chiede la restituzione sia e possa essere solo un’azione avente natura reale o se possa essere qualificata, dallo stesso proponente, anche quale azione avente natura obbligatoria.

La Corte di Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 7305 del 28.3.2014 ha stabilito quanto segue: “Deve ricordarsi che l’azione di restituzione risulta destinata ad ottenere l’adempimento dell’obbligazione di ritrasferire una cosa che è stata in precedenza volontariamente trasmessa dall’attore al convenuto in forza di negozi quali la locazione, il comodato, il deposito e così via, che non presuppongono necessariamente nel tradens la qualità di proprietario e che essa non può pertanto surrogare l’azione di rivendicazione, con elusione del relativo rigoroso onere probatorio, quando la condanna al rilascio o alla consegna viene chiesta nei confronti di chi dispone di fatto del bene nell’assenza anche originaria del titolo“.

La Suprema Corte, nel dirimere diversi orientamenti giurisprudenziali, che si erano con il tempo stratificati in materia, ha deciso di aderire all’orientamento in base al quale, avendo l’azione di restituzione natura obbligatoria, la stessa può essere esperita solo in presenza di un titolo negoziale, mentre nel caso  in cui si deduca che l’occupante è un occupante di fatto, l’azione deve essere correttamente qualificata dal Giudice come azione reale di rivendica.

Quindi le azioni di restituzione promosse nei confronti di occupanti senza titolo del bene, andranno comunque qualificate quali azioni di rivendica con il conseguente e rigoroso onere probatorio a carico di chi sostiene essere il proprietario.