Cass. Pen. Sez. III, 21.01.2020, n. 2199
Con tale sentenza la Corte di Cassazione si è pronunciata sull’obbligo di rimozione di rifiuti di cui all’art. 255, 3° comma, del d.lgs. 152/2006 (Testo Unico Ambiente) precisando che “l’obbligo di rimozione cui si riferisce l’illecito contravvenzionale di cui all’art. 255, comma 3, TUA, sorge sia in capo al responsabile dell’abbandono, quale conseguenza della sua condotta, sia nei confronti degli obbligati in solido, quando sia dimostrata la sussistenza del dolo o della colpa, sia, infine – ed è questo il caso in esame – nei confronti dei destinatari dell’ordinanza sindacale di rimozione che sono obbligati in quanto tali e che, in caso di inottemperanza, ne subiscono, per ciò solo, le conseguenze se non hanno provveduto ad impugnare il provvedimento per ottenerne l’annullamento o non hanno fornito al giudice penale elementi significativi per l’eventuale disapplicazione.
L’intervento della Suprema Corte è finalizzato ad evidenziare che la responsabilità penale per la mancata ottemperanza dell’ordinanza sindacale di rimozione di rifiuti ricorre indipendentemente dalla natura, penale o amministrativa, della condotta contestata in riferimento agli articoli di cui al capo 1- e, più in particolare, relativamente alle condotte di cui agli articoli 187 e 192 d.lgs. 152/2006 – “ben potendosi identificare il responsabile anche nel privato cittadino (oltre che colui che esercita professionalmente un’attività di gestione di rifiuti) che resti inottemperante all’ordinanza di rimozione dei rifiuti”.