Nuove indicazioni in tema di autovelox. Il Ministero  dell’interno invia una circolare esplicativa in tema di multe con autovelox volta a ridurre i ricorsi davanti al Giudice. Come difendersi?

Come è noto la questione relativa alla validità delle multe comminate con Autovelox è stata affrontata più volte dalla giurisprudenza, da ultimo la Suprema di Cassazione con la sentenza n. 105050 del 18/04/2024 che sembrava aver messo una pietra tombale sul concetto di omologazione.

La sentenza stabiliva infatti che  “È nulla una sanzione elevata con un autovelox approvato ma non omologato”  atteso che la preventiva approvazione dello strumento di rilevazione elettronica della velocità non può ritenersi equipollente, sul piano giuridico, all’omologazione ministeriale prescritta dall’art. 142, comma 6, del d.lgs. n. 285 del 1992, trattandosi, in forza della citata disposizione e dell’art. 192 del relativo regolamento di esecuzione (d.P.R. n. 495 del 1992), di procedimenti con caratteristiche, natura e finalità diverse.”

Orbene il Ministero dell’interno, per ovviare al consiste numero di ricorsi promossi da cittadini multati illegittimamente,  ha richiesto un parere all’Avvocatura dello Stato al fine di chiarire il concetto di omologazione rispetto a quello di autorizzazione.

Al fine di capire i termini della questione è necessario valutare la sostanza dei due concetti:

l’OMOLOGAZIONE consiste nel controllo che viene fatto per accertare la rispondenza e l’efficacia di un determinato apparecchio secondo le prescrizioni stabilite nel regolamento del Codice della Strada;

l’APPROVAZIONE  invece, verifica elementi che non vengono indicati nel regolamento appena citato. Dunque, non deve rispettare specifiche prescrizioni.

Orbene l’escamotage che ha elaborato dall’Avvocatura dello Stato e che certamente non porterà alla riduzione dei ricorsi anzi li aumenterà, è stato quello di cercare di interpretare ed in qualche modo vincolare, con una circolare ministeriale, l’interpretazione  di una norma di legge.

Secondo il ministero vi sarebbe infatti, nel concreto, una identità tra i due concetti in quanto “entrambi i procedimenti di approvazione e di omologazione:

– sono finalizzati a verificare che l’apparecchio sia utile allo scopo e sia conforme alle esigenze di misurazione e accertamento, mirando, pertanto, al medesimo risultato pratico;

– entrambe le procedure riguardano il prototipo dei dispositivi e non il singolo dispositivo prodotto e utilizzato su strada per l’accertamento dell’illecito;

– la competenza in materia di omologazione/approvazione è della medesima Autorità amministrativa, ossia il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti (ex Ministero dei lavori pubblici), giusto il disposto dell’art, 345 d.P.R. n. 495/92;

– sia per l’omologazione, che per l’approvazione, viene svolta un’istruttoria tecnico amministrativa, tesa a valutare i requisiti e le caratteristiche del prodotto per le funzioni di accertamento che deve assolvere e (velocità, rosso, accesso ZTL, etc.) e la sua conformità alle norme tecniche nazionali e comunitarie, vigenti al momento dell’esame;

– una volta acquisite e verificate tutte le certificazioni necessarie, viene richiesto il parere al Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, massimo organo tecnico consultivo dello Stato, che si pronuncia sul dispositivo/sistema proposto, valutandone l’efficienza tecnica e il l’idoneità a svolgere la funzione per la quale è richiesta l’approvazione/omologazione;

– in caso di esito favorevole, viene emanato un decreto dirigenziale che autorizza titolare della richiesta alla commercializzazione dei diversi esemplari del dispositivo/sistema, da produrre in conformità al prototipo depositato all’atto della richiesta di omologazione o di approvazione”

Più che una tesi interpretativa pare, invero, una tesi difensiva di carattere meramente processuale che non sposta i termini della questione è che peraltro è stata già respinta dalla Corte di Cassazione con la sentenza sopra citata.

Infatti la Corte di Cassazione nella cui parte motiva della sentenza afferma

“-  letteralmente, l’art. 142, comma 6 del c.d.s., parla solo di “apparecchiature debitamente omologate”, le cui risultanze – si sottolinea – sono considerate “fonti di prova” per la determinazione dell’osservanza dei limiti di velocità (la stessa espressione – sempre in funzione della valutazione della legittimità dell’accertamento – si rinviene, peraltro, nell’art. 25, comma 1, lett. a) della legge n. 120/2010, con la quale ne è stato previsto l’inserimento nel comma 1 dello stesso art. 142 c.d.s., con riguardo ai tratti autostradali);

ed inoltre  il complementare ed esplicativo art. 192 del regolamento di esecuzione e di esecuzione delc.d.s.(D.P.R. n. 495/1992) – il quale disciplina i “controlli ed omologazioni” (in attuazione della norma programmatica di cui all’art. 45, comma 6, c.d.s.) – contempla distinte attività e funzioni dei procedimenti di approvazione e di omologazioni (donde la differenza dei conseguenti effetti agli stessi riconducibili).”

A ciò si aggiunga che è un principio pacifico di diritto che la circolare ministeriale è  una mera interpretazione di una norma di legge, che non ha alcuna carattere vincolante  né per il cittadino né per l’organo giudicante.

La considerazione finale è che invece di attuare procedimenti di omologazione che possano effettivamente garantire il rispetto delle norme, si penalizza il cittadino  costretto a subire multe, anche consistenti, a fronte di apparecchiature non a norma.