In tema di condominio negli edifici, allorquando l’uso del lastrico solare non sia comune a tutti i condomini, dei danni che derivino da infiltrazioni nell’appartamento sottostante rispondono sia il proprietario o l’usuario esclusivo del lastrico solare (o della terrazza a livello), in quanto custode del bene ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia il condominio, in quanto la funzione di copertura dell’intero edificio, o di parte di esso, propria del lastrico solare (o della terrazza a livello), ancorché di proprietà esclusiva o in uso esclusivo, impone all’amministratore l’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni (art. 1130 c.c., comma 1, n. 4) e all’assemblea dei condomini di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria (art. 1135 c.c., comma 1, n. 4). Il concorso di tali responsabilità, salva la rigorosa prova contraria della riferibilità del danno all’uno o all’altro, va di regola stabilito secondo il criterio di imputazione previsto dall’art. 1126 c.c., il quale pone le spese di riparazione o di ricostruzione per un terzo a carico del proprietario o dell’usuario esclusivo del lastrico (o della terrazza) e per i restanti due terzi a carico del condominio.

Questo il principio individuato dalle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione nella sentenza n. 9449 del 10 maggio 2016.

Nel caso di specie Tizia aveva citato in giudizio il condominio Tuscolano, dove risiedeva, e Caia, per sentirli condannare al risarcimento dei danni causati dall’infiltrazione d’acqua verificatesi nel proprio appartamento.  L’attrice deduceva infatti che le infiltrazioni erano provenienti dal sovrastante terrazzo, di proprietà esclusiva di Caia, avente, in parte, funzione di copertura del medesimo edificio. In entrambi i gradi di giudizio veniva riconosciuta la responsabilità una responsabilità solidale tra il Condominio e Caia, ripartita nella misura prevista dall’articolo 1126 c.c., ossia di 2/3 per il condominio e di 1/3 per Caia, utilizzatrice esclusiva del lastrico da cui sarebbero provenute le infiltrazioni.

In sede di legittimità Caia si opponeva alla sentenza di appello, affermando che, pur non avendo le sentenze precedenti riconosciuto alcuna responsabilità diretta a suo carico, comunque veniva condannata al risarcimento del danno subito da Tizia, ex art. 1126 c.c. Nella sua motivazione la Suprema Corte si preoccupava fin da subito di distinguere i due orientamenti giurisprudenziali sul tema, spiegando in ultima analisi il motivo per cui le Sezioni Unite si erano “scomodate” ad emettere una pronuncia. In particolare venivano individuati due filoni:

  1. Un primo orientamento originario, già dato dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 2672 del 1997. In questa pronuncia la responsabilità per danno da infiltrazione veniva ricondotta nell’ambito della responsabilità contrattuale: secondo il Giudice infatti, l’articolo 1126 c.c. individuerebbe una particolare obbligazione, detta propter rem (ossia un’obbligazione che non si riferisce alla persona che la assume, ma alla cosa; sicché chiunque sia titolare della cosa è anche titolare dell’obbligazione), che i condomini si assumono diventando proprietari o comunque utilizzatori degli appartamenti.  L’oggetto di questa obbligazione poi sarebbe la conservazione delle parti comuni, ivi compreso il lastrico solare che pure sia dato in esclusivo uso ad un condomino.
  2. Un secondo orientamento, successivo alla sentenza del 1997. Secondo questa linea interpretativa la responsabilità per danno da infiltrazione nel caso in oggetto sarebbe di natura extracontrattuale, con riferimento a quanto disposto dall’articolo 2051 c.c., che ritiene responsabile chi abbia in custodia una cosa per i danni causati da questa. Nel caso di specie “custode” sarebbe il condominio in generale e sarebbe dunque lui a doversi addossare la responsabilità – extracontrattuale – per il danno da infiltrazione.

Al di là della diversa ripartizione degli oneri conseguenti all’accertamento della responsabilità, la questione della natura della stessa (contrattuale o extracontrattuale), è decisamente importante dal punto di vista sostanziale e processuale: la ripartizione dell’onere della prova; la decorrenza della prescrizione e la qualificazione e quantificazione del danno nei due casi differiscono infatti di molto. Proprio per questo la Corte di Cassazione ha ritenuto opportuno riunirsi a Sezioni Unite e dirimere il contrasto.

Innanzitutto la Suprema Corte ha affermato che l’articolo 1126 non è una fonte autonoma di un’obbligazione propter rem: semplicemente la sua funzione è quella di delineare un criterio di riparto delle spese di riparazione e gestione del lastrico solare che sia in esclusivo godimento di un solo soggetto. Appunto l’esclusività del godimento del bene, che pure è comune a tutti i condomini, fa sì che il soggetto titolare debba anche addossarsi un quota non indifferente delle spese conseguenti alla sua riparazione. In altre parole l’articolo 1126 sarebbe solamente una norma di contemperamento.

Infatti, si legge nella motivazione, la Sentenza pronunciata dalle Sezioni Unite nel 1997 dimostra poca attenzione alla qualifica giuridica dei fatti: la fattispecie di un terzo (il proprietario dell’appartamento sottostante il lastrico solare) che subisca un danno per la mancata custodia di un bene, integra secondo il Giudice un chiaro esempio di responsabilità extracontrattuale e non, come invece detto nel 1997, una fattispecie di responsabilità contrattuale.

Ciò stabilito, l’unica responsabilità applicabile al proprietario del lastrico sarebbe quella extracontrattuale, come da articolo 2051: questi infatti è il soggetto che ha il più diretto rapporto con la cosa ed è il più qualificato a vigilarvi. Tuttavia, la Corte afferma anche che alcune parti del lastrico non sono di facile accessibilità per il proprietario di questo e devono ricadere invece nell’ambito di responsabilità del condominio: la struttura alla base del lastrico infatti è e rimane parte comune, di cui godono tutti i condomini e non è, direttamente, modificabile dal titolare del lastrico stesso, a meno di grandi sacrifici economici. Ne consegue che un danno derivato, anche, da una mancata manutenzione della base sulla quale poggia il lastrico solare, sia da imputare pure al condominio, quando non risulti una imputazione totale in capo ad un altro soggetto. Una volta stabilità la “doppia responsabilità” in capo sia al proprietario che al condominio, potrà trovare applicazione il criterio di ripartizione delle spese enucleato dall’articolo 1126 c.c.: queste saranno dunque ripartite per 1/3 in capo al proprietario o unico usufruttuario del lastrico solare e per i restanti 2/3 in capo al condominio. In applicazione della responsabilità solidale poi, il soggetto danneggiato potrà rivolgersi ad entrambi gli obbligati per ottenere le quote di spettanza.