Al fine di comprende lo stato dell’arte in materia di eliminazione delle barriere architettoniche bisogna analizzare la normativa che negli anni è stata emanata partendo dal DM 236/1989 che, dando attuazione alla legge 9.1.1989 n. 1, dettava le prescrizioni tecniche necessarie a garantire la accessibilità, la adattabilità e la visitabilità degli edifici privati e di edilizia residenziale pubblica al fine del superamento e della eliminazione delle barriere architettoniche.
Il decreto, peraltro, limitava l’ applicazione delle norme vincolanti ai soli casi di “nuova costruzione” o ristrutturazione dell’intero edificio rimanendo esclusi dal vincolo sia gli interventi definiti di manutenzione straordinaria e ordinaria che quelli di edilizia libera.
Legge 104/1992
Si è dovuta attendere l’ emanazione della legge 104 del 1992 ( Legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e di diritti delle persone handicappate) per vedere introdotta, all’art. 24, la norma che prevede per “tutti” gli edifici pubblici e privati aperti al pubblico l’obbligo di rispettare la normativa del DM 236/1989 in caso di interventi di nuova edificazione suscettibili di limitare la visitabilità e l’accessibilità.
Peraltro dal combinato disposto tra l’art. 24 della legge 104 con l’art. 82 del testo unico dell’edilizia ( DPR 6.6.2001 n. 380) si comprende che l’obbligo di applicare la normativa di cui al DM 236/89 parta dalla manutenzione straordinaria.
Per cui, allo stato attuale, negozi, bar, ristoranti nuovi e nel caso di interventi su edifici esistenti partendo dalla manutenzione straordinaria in su devono essere resi accessibìli almeno negli spazi di relazione.
Per quanto concerne la accessibilità ai servizi igienici la normativa vale solo per gli esercizi superiori a 250 mq.
Il problema si pone, quindi, per quelli esistenti prima del 1989 e per quelli soggetti a sola manutenzione ordinaria o addirittura ad interventi di edilizia libera.
La Regione Liguria ha introdotto, con la legge regionale n. 15 del 1989, la normativa per l’abbattimento delle barriere architettoniche sostanzialmente prevedendo l’onere di rispetto della normativa di cui al DM 236/1989 solo per gli interventi, anche su parti di edifici, partendo dalla manutenzione ( VD comma 1) che dal tenore del testo nel suo complesso è limitata alla manutenzione straordinaria.
Anche la recente legge regionale 12/2015 non dice nulla in più se non impedire il peggioramento delle condizioni di accessibilità nel caso di qualsiasi intervento edilizio e quindi anche nel caso di manutenzione ordinaria.
Il problema rimane, quindi, aperto visto che gran parte degli interventi sul patrimonio edilizio esistente, proprio nel caso di apertura di nuove attività o di interventi edilizi sulle attività esistenti difficilmente superano la manutenzione ordinaria.
Quale soluzione?
Una via percorribile potrebbe essere data dalla applicazione della legge 67 del 2006 portante “ Misure per la tutale giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”, legge che si pone l’obiettivo di promuovere la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nel confronti delle persone con disabilità di cui all’art. 3 della legge 104/92 al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali.
Poiché il principio di parità di trattamento comporta che non può essere praticata alcuna discriminazione in pregiudizio delle persone con disabilità è del tutto evidente che impedire l’accesso libero ai luoghi aperti al pubblico alle persone con disabilità è discriminazione ; a tale proposito si veda la recente sentenza Cass. Sez. III 23.9.2016 n. 18762 la quale ha affermato il principio di diritto che “Ai sensi dell’art. 2 della legge n. 67 del 2006 è discriminazione la situazione di inaccessibilità a un edificio privato aperto al pubblico determinata dall’esistenza di una barriera architettonica – qualificabile tale ai sensi della legge n. 13 del 1989 e dell’art. 2 del DM 236 del 1989 – che ponga una persona con disabilità ( di cui all’artr. 3 della legge n. 104 del 1992 ) in una posizione di svantaggio rispetto ad altre persone. E’ perciò consentito, anche nei confronti di privati, il ricorso alla tutela antidiscriminatoria di cui all’art. 2 della legge 67/2006, applicabile ratione temporis, quando l’accessibilità sia impedita o limitata, a prescindere dall’esistenza di una norma regolamentare apposita che, attribuendo la qualificazione di barriera architettonica a un determinato stato dei luoghi, detti le norme di dettaglio per il suo adeguamento”. Per ora solo questa normativa può costituire lo strumento per agire anche nel caso di interventi di edilizi minori,  ma che permettono il permanere di condizioni di inaccessibilità.